Mail di un amico: secondo te, tra le tante, qual è la frase più rappresentativa di Marco Pannella? Domanda da un milione di dollari.
È il 1971 quando incrocio per la prima volta Pannella, vigilia del congresso di Torino: o si raggiungono mille iscritti o si chiude, questo il programma. Panorama pubblica un colonnino con la fotografia del segretario di allora, Angiolo Bandinelli. Scrivo. Corbellerie tipo: ma chi vi autorizza a sbaraccare, cose del genere.
Immaginiamo la possibile scena. È notte, vuote le stanze della sede romana del Partito Radicale, allora al 18 di via di Torre Argentina; Pannella è solo. Per tutto il giorno telefonate, sigarette; comunicati, sigarette; riunioni, sigarette; incontri, sigarette… sul tavolo un pacco di lettere. Comincia a leggerle… Infila nel rullo della Olivetti con i tasti massacrati dalle sue mani grandi come badili…
Passa una settimana, mi viene recapitato un malloppo: numeri di Notizie Radicali, volantini, opuscoli, sei-sette pagine di Pannella che mi rovescia contumelie: presuntuoso e arrogante, chi mi credo d’essere che impartisco lezioni su cosa dire e fare…una bellissima lettera in puro stile pannellese. Alla fine, la domanda: che aspetti a iscriverti, diventare uno dei mille? Nasce così un pannellian-pannellato.
Tra entusiasmi e mugugni, scazzi, delusioni, tante soddisfazioni, qualche fatica, eccoci al 2024, più di mezzo secolo: è qualcosa, qualsiasi cosa sia.
Tanti compagni e amici sono da tempo “altrove”: Marco, ma anche Angiolo Bandinelli, i fratelli Aloisio e Giuliano Rendi, Gianfranco Spadaccia, Loris Fortuna, Andrea Torelli, Giancarlo Arnao, Roberto Cicciomessere, Adele Faccio, Marisa Galli, Silvio Pergameno, Franco Roccella, Sergio Stanzani, Adelaide Aglietta, Ferdinando Landi, Bruno Tescari, Massimo Bordin, Marino Busdachin, Luigi Zecca, Enzo Tortora, Domenico Modugno, Bruno Zevi, Mario Signorino, Giuseppe Loteta, Luca Coscioni, Anna Maria Schmidt, Piergiorgio Welby, Mauro Zanella, e sai quanti altri ne dimentico… C’è poi chi è sceso dall’autobus radicale stanco, sfibrato; qualcuno ha smesso di crederci, ora in altro crede. C’è chi l’ha fatto in silenzio, altri in polemica, risentimenti covati ed esplosi, aspettative frustrate, deluse. Pannella è generoso: dà, ma chiede; difficile stargli dietro, è sempre avanti a tutti, capirlo esige impegno, spesso ci arrivi tardi. Poi come escludere che qualcuno si sia smarrito per parole non dette (o dette, è uguale) che in quel momento erano importanti; quella carezza, quello sguardo, l’attenzione che non ci sono state e avrebbero dovuto esserci? Capita in ogni famiglia, anche le migliori: la slavina che si fa valanga.
Come sia, per quel che m riguarda, il bilancio è di molti errori, tanti; ma nessun rimpianto. Ne valeva la pena? Sì. Non giudico nessuno: ma più d’uno, finita la festa, passato all’incasso, gabba il santo. È nell’umana natura. Così molti scelgono a un certo punto di scendere dall’autobus radicale; scelgono di impegnarsi in altro, altrove. Bene così, se è quello in cui credono e trovano soddisfazione.
Quando Marco ci lascia, col dolore la certezza che l’avventura radicale è finita. Si faranno altre cose belle, buone, giuste; ma “altre”. Una pattuglia sparuta di compagne e compagni decide di continuare a giocare la partita, contro ogni evidenza. Il momento chiave è lo storico congresso nel carcere di Rebibbia: un congresso di un partito politico dentro un carcere: militanti calati da ogni parte d’Italia, seduti fianco a fianco di persone che la legge punisce per crimini anche gravissimi. Mai accaduto, una follia; eppure, accade; è la concreta utopia radicale. Da qualche parte Pannella e gli altri hanno certamente sorriso compiaciuti. Tanti non l’hanno compreso, non hanno voluto comprendere. Altri i loro interessi.
Da quel congresso certamente altri errori, lacune, incapacità, “vuoti”; come dice Osgood Fielding III: “Well, nobody’s perfect”. Ma al tempo stesso, come canta il Blasco: “…con l’anima che si pente / metà e metà / con l’aria, col sole / con la rabbia nel cuore / con l’odio, l’amore / in quattro parole / siamo ancora qua…”.
Così, nelle non molte occasioni di incontro “fisico” accade di constatare che qualcuno sceglie di essere assente; senza astio pensi: “Coglioni, non saprete mai quello di cui vi siete voluti privare”. Poi certo di errori se ne fanno. Per esempio: aspettare risposte. Quelle che contano sono le domande, la voglia di farne. Vale comunque una regola, scandita da un grande siciliano: “Chi gioca solo, non perde mai”. Poi ha avuto cura di aggiungere: “Ma neppure mai vince”.
Questa rivista: siamo al terzo anno di vita. Non intende essere concorrente o alternativa di nessuno e di niente. Come dice il suo nome è Proposta: propone “materiali”, documenti, spunti, idee. È a fianco del Partito Radicale, un qualcosa di aggiuntivo. Questa è la sola ambizione e volontà.
Conforta il sostegno e la benevola accoglienza anche da parte di un mondo non strettamente radicale, che ci osserva con partecipata attenzione. Chi chiede come aiutarci, trova le “istruzioni” dettagliate nella terza di copertina. Ci si autofinanzia, dunque ogni contributo è benvenuto. Se qualcuno nota un “salto” da novembre 2023 a gennaio 2024 non pensi d’aver perso qualche fascicolo. Siamo noi che, pur mantenendo la numerazione ci siamo “mangiati” un mese.
Ah! La risposta alla domanda iniziale dell’amico su Pannella: “La durata è la forma delle cose”; e: “Per il possibile contro il probabile”. Allora, con Marco. Ora con quelli che si è.